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ZSNC0032094/Omnia Mortua Sunt/Mors Universis.

Latus A / Omnia Mortua Sunt.

Volevamo definire il mondo quando ha cessato di essere definibile 1: quando il senso da fondazione si è fatto ripiegamento: l’essere è stato traslato dal piano ontologico a quello algoritmico: il segno non è che il residuo di una sintassi senza più soggetto. Ci siamo trovati ad interrogare: l’inesistenza come presupposto/il vuoto come strumento/la ripetizione come paradigma operativo del reale: reticolo di differenze in ritardo: processo di polimorfismo che smantella l’idea tradizionale di fondazione per sostituirla con una logica di accumulazione spettrale. La metafisica: esaurita in un ciclo di reiterazioni dove ogni origine si configura come un’eco. Da architettura di accentramento a tassonomia della dispersione: ogni istanza del reale si piega nella torsione della sua stessa inconsistenza/ogni struttura diviene la sua rovina prima ancora di edificarsi/ogni dispositivo di senso collassa nel vortice del già-dato. Sistema termodinamico che si deteriora nella ripetizione dell’irriducibile: organismo tecnico che metabolizza il reale in loop entropici: proliferazione delle tracce di ciò che non ha mai avuto presenza 2.

Latus B / Mors Omnibus.

La modernità si compone di una molteplicità di termini/assemblaggi di cadaveri ideologici/ segmenti disfunzionali di apparati materiali/una pulsione algoritmica che trasforma l’orizzonte in una superficie priva di fondo segnata dal ciclo della ripetizione. Nel perpetuarsi del già-morto non c’è più l’essere in quanto principio d’origine: solo il residuo di un apparato che si auto-riproduce senza soluzione di continuità. Il mondo si manifesta come la logica dell’assenza. Anziché svuotare il contenuto lo carica del peso del nulla che insiste/della vacuità che si fa forma/della mancanza che diventa segno 3. La differenza non è più funzionale: configurazione che si esprime in termini di «oltre» e «trascendenza» — intesa non come superamento: intensificazione del deficit ontologico. L'infrastruttura globale si auto-consuma: metabolismo cieco di dati/carburante/scarti/nervi/corpi. La modernità si auto-consuma in una spirale in cui il pensiero si dissolve in una molteplicità di ritornanti: piano di esistenza che non ammette realizzazione se non come mera risonanza. Né soggetto né storia: dispendio di energia in forma di trasmissione di segnali.

Vestigium Additum / Necrosophia.

Il divenire: il reale non si presenta come un'entità stabile: una rete di forze in costante smottamento: si fa consunzione: ogni possibilità di novità è preceduta e seguita da un’eco di morte. La molteplicità: labirinto: scia perpetua di un sistema in un eterno postumo tra la luce del ricordo e l’oscurità dell’oblio. Il sistema si autoalimenta di una negatività che non è eccezione: condizione di possibilità di ogni divenire. Necrosofia: la scienza dei corpi esausti/delle forme che si piegano sotto la pressione dell’uso/del pensiero come effetto collaterale del logorio. Episteme del mondo caduto: metodologia per interrogare il flusso di ripetizioni che definisce l’epoca post-metafisica 4 — nell’infinito reiterarsi del cadavere. Non concettualizziamo il nulla: ne osserviamo gli effetti termici sul sistema. Chiamiamo questo: «necrosofia».


  1. Perché poi quest’ansia di definire? È qualcosa che sentivamo — pur ridendo del “sentire”. Siamo tra coloro che nella giovinezza (troppo sprovveduti/audaci/entrambe le cose) commisero l’errore di parlare con il Sileno. Pur riconoscendo in seguito l’errore intrinseco all’operazione non abbiamo mai veramente smesso di discuterci. Questo implicava doverla sapere lunga. 

  2. Teorema dell’autofagia: Sia S_t lo stato del sistema al tempo t, il divenire non si struttura come progressione, ma come una funzione che, nel limite del tempo infinito, tende all'azzeramento delle variazioni: ∑ (ΔS_t) → 0, per t → ∞ Dove S_t rappresenta ogni istanza del reale come sistema in transizione differenziale, e la sommatoria indica la dispersione progressiva del valore di ogni istanza in una riconfigurazione infinita. Il limite mostra che, al tendere del tempo all’infinito, la somma delle variazioni tende a zero: ogni trasformazione è un’iterazione senza origine, ogni novità è già stata prevista nel suo stesso annullamento. È una macchina dissipativa che consuma memoria, sostanza, impulso. Si spaventa perché non c’è uscita: solo residui e il loro odore. 

  3. Non stiamo dicendo che il nulla è qualcosa. Stiamo dicendo che tutto è pieno di niente. 

  4. Attenzione a non farsi Sileno.