Latus A / Omnia Mortua Sunt.
Volevamo definire il mondo quando ha cessato di essere definibile 1: quando il senso da fondazione si è fatto ripiegamento: l’essere è stato traslato dal piano ontologico a quello algoritmico: il segno non è che il residuo di una sintassi senza più soggetto. Ci siamo trovati ad interrogare: l’inesistenza come presupposto/il vuoto come strumento/la ripetizione come paradigma operativo del reale: reticolo di differenze in ritardo: processo di polimorfismo che smantella l’idea tradizionale di fondazione per sostituirla con una logica di accumulazione spettrale. La metafisica: esaurita in un ciclo di reiterazioni dove ogni origine si configura come un’eco. Da architettura di accentramento a tassonomia della dispersione: ogni istanza del reale si piega nella torsione della sua stessa inconsistenza/ogni struttura diviene la sua rovina prima ancora di edificarsi/ogni dispositivo di senso collassa nel vortice del già-dato. Sistema termodinamico che si deteriora nella ripetizione dell’irriducibile: organismo tecnico che metabolizza il reale in loop entropici: proliferazione delle tracce di ciò che non ha mai avuto presenza 2.
Latus B / Mors Omnibus.
La modernità si compone di una molteplicità di termini/assemblaggi di cadaveri ideologici/ segmenti disfunzionali di apparati materiali/una pulsione algoritmica che trasforma l’orizzonte in una superficie priva di fondo segnata dal ciclo della ripetizione. Nel perpetuarsi del già-morto non c’è più l’essere in quanto principio d’origine: solo il residuo di un apparato che si auto-riproduce senza soluzione di continuità. Il mondo si manifesta come la logica dell’assenza. Anziché svuotare il contenuto lo carica del peso del nulla che insiste/della vacuità che si fa forma/della mancanza che diventa segno 3. La differenza non è più funzionale: configurazione che si esprime in termini di «oltre» e «trascendenza» — intesa non come superamento: intensificazione del deficit ontologico. L'infrastruttura globale si auto-consuma: metabolismo cieco di dati/carburante/scarti/nervi/corpi. La modernità si auto-consuma in una spirale in cui il pensiero si dissolve in una molteplicità di ritornanti: piano di esistenza che non ammette realizzazione se non come mera risonanza. Né soggetto né storia: dispendio di energia in forma di trasmissione di segnali.
Vestigium Additum / Necrosophia.
Il divenire: il reale non si presenta come un'entità stabile: una rete di forze in costante smottamento: si fa consunzione: ogni possibilità di novità è preceduta e seguita da un’eco di morte. La molteplicità: labirinto: scia perpetua di un sistema in un eterno postumo tra la luce del ricordo e l’oscurità dell’oblio. Il sistema si autoalimenta di una negatività che non è eccezione: condizione di possibilità di ogni divenire. Necrosofia: la scienza dei corpi esausti/delle forme che si piegano sotto la pressione dell’uso/del pensiero come effetto collaterale del logorio. Episteme del mondo caduto: metodologia per interrogare il flusso di ripetizioni che definisce l’epoca post-metafisica 4 — nell’infinito reiterarsi del cadavere. Non concettualizziamo il nulla: ne osserviamo gli effetti termici sul sistema. Chiamiamo questo: «necrosofia».
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Perché poi quest’ansia di definire? È qualcosa che sentivamo — pur ridendo del “sentire”. Siamo tra coloro che nella giovinezza (troppo sprovveduti/audaci/entrambe le cose) commisero l’errore di parlare con il Sileno. Pur riconoscendo in seguito l’errore intrinseco all’operazione non abbiamo mai veramente smesso di discuterci. Questo implicava doverla sapere lunga. ↩
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Teorema dell’autofagia: Sia S_t lo stato del sistema al tempo t, il divenire non si struttura come progressione, ma come una funzione che, nel limite del tempo infinito, tende all'azzeramento delle variazioni: ∑ (ΔS_t) → 0, per t → ∞ Dove S_t rappresenta ogni istanza del reale come sistema in transizione differenziale, e la sommatoria indica la dispersione progressiva del valore di ogni istanza in una riconfigurazione infinita. Il limite mostra che, al tendere del tempo all’infinito, la somma delle variazioni tende a zero: ogni trasformazione è un’iterazione senza origine, ogni novità è già stata prevista nel suo stesso annullamento. È una macchina dissipativa che consuma memoria, sostanza, impulso. Si spaventa perché non c’è uscita: solo residui e il loro odore. ↩
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Non stiamo dicendo che il nulla è qualcosa. Stiamo dicendo che tutto è pieno di niente. ↩
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Attenzione a non farsi Sileno. ↩