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ZSNC0026473/Anti-logica Urbis Infestatae.

La città è morta e continua ad agire in quanto tale. La sua carne pulsa di anti-logica infestata. Meccanica dell’estinzione interna. La città si circonda di sofferenza e ripetizione. Gli abitanti rimasti 1 smettono di distinguersi dall’architettura urbana. I loro corpi ora inscritti nella città, incamerati in diaframmi edilizi, fossilizzano tra travi e intonaci, diventano tessuto dermico dell’infrastruttura. Si assiste ad una parabiologia della città. Uno scambio tra luogo e persona. Comportamenti animali ridotti a squat cognitivo, errore sistemico, istinto degenerato. Superata la soglia metabolica dell’umano, l’ambiente urbano si piega su se stesso in un ciclo di regressione termica e simbologica. Geofagia strutturale in luogo dell’architettura. L’inabitabile è imposto.

L’uomo cammina a passo svelto, piegato malgrado la sua età forte. Guarda fisso a terra. 2 Il labbro inferiore è una smorfia. Ogni strada è specchio topologico. Ogni curva un anello causale chiuso. La città non cresce: ritorna. L’uomo avanza tra i lamenti del cemento. L'itinerario è già sentenza. L’uomo cerca sua madre. 3

Ci troviamo in una mitopoiesi. Città come organismo di auto-fagocitazione. Loop topologici, anomie geometriche. In termini ancora più astratti: l'ambiente modula la propria corruzione. Seguono disfunzionalità, regressioni, disarticolazioni, patologia ulteriore. L’aumento dell’inabitabilità è direttamente proporzionale al coefficiente di contagio semiotico. L’aria stessa è imbevuta di morte. Il suono è invocazione, claustrofobia, instabilità.4 La madre dell’uomo è figura tanto della città quanto delle società che la hanno prodotta e che sono dalla città a loro volta prodotte. Qui sovvertire sta per significare. Gli strumenti performativi sono quelli di dominio. La pornografia della distruzione è culto della vita collettiva. L'esperienza liminale è redentrice. 5

(Inizia allora una fase di muri che respirano, scale che assorbono le ossa dei passi, canalizzazioni che sanguinano. Frammenti di nomi, sequenze numeriche, fonemi ripetuti fino al rumore puro. La lingua residua delle città stregate.6 Sembra un’infanzia semiotica della città. Il suo vagito).

L’uomo è di spalle alla via e poggiato con una mano sul muro di mattoni bruciato e piantato come un dente cariato nell’erba rada e produce suoni metallici mentre vomita. Le strutture oscillano. Millimetri al giorno, come un gigante ubriaco che prova ad alzarsi dalla sedia del bar. La città non crolla. Rumina. Le sue parti si riciclano. L’uomo si pulisce la bocca inacidita con un fazzoletto e lo accartoccia e getta nell’angolo e riprende a camminare.

Autotrofia urbana. I quartieri digeriscono altri quartieri. Le case consumano le persone che le abitano. Le piazze assorbono il linguaggio. I sistemi elettrici si chiudono su circuiti senza fonte. La città conserva, deposita apocalisse, lo spazio urbano è una lingua che non significa, ma trattiene. Il terrore soprattutto, assume forme 7 che collassano ogni idea di vita. Sull'elargire il terrore la madre dell’uomo ci ha insegnato tutto. Serve un incipit amorevole e una credibilità iniziale per gettare delle basi apparentemente innocue che si mostreranno distruttive successivamente. L’infestazione smette di essere percepita come tale e viene ricercata come un bene. L’insegnamento avvelenato della donna fu di non lamentarsi mai. Venne posto come un’assunzione di virilità e di forza ma era finalizzato a sacralizzare l’incubo ricorsivo della città.

Le città producono eventi anomali attraverso il collasso delle narrative causali e il sabotaggio della memoria. L’annullamento della distinzione tra organico e inorganico. Muri che trattengono tracce di impronte epidermiche. Tubature che trasudano liquidi biologici. Scale che calcificano ossa nei corrimano. L’uomo cerca la donna per dirle che gli fa schifo qui, tutto, tutto qui gli fa schifo. La città è un sistema perfetto, un orizzonte senza fine, un ciclo che non conosce nemmeno la sua propria fine, ma si autoregola all'interno della propria logica di auto-consunzione. Il resto lo abbiamo visto tutti. Era il sangue nel cielo. Il sangue del cielo 8. La prima città venne fondata dal primo assassino.


  1. O meglio: “in stato di permanenza”. 

  2. L’uomo in questione è Otto Weininger (1880 –1903). 

  3. La donna in questione è Adelheid Adele Weininger, nata Frey (1857-1909). 

  4. Tali esiti mortiferi della modernità devono essere ricercati nella volontà che li produce, che desiderava il disastro. 

  5. La verità è autonoma, quindi arbitrio. 

  6. Si ipotizza che tali emissioni linguistiche siano tentativi rudimentali della città di mantenere un contatto con forme di memoria inquinata. 

  7. Percepite come liberatorie. 

  8. Ma ci sembrò solo sangue.