Gli edifici assumono curvature inadatte all’anatomia umana.
La lotta contemporanea non sostiene più la fiducia occidentale. Siamo nell’era terminale del suo sviluppo, o di una sua parodia: pseudo-ricerca di senso, tensione1 da decadenza nazionale, dissoluzione. La violenza urbana è strutturale alla combustione moderna. Né ecologica, né storicistica, né sociologica2: è altro, è qualcosa di oscuro. Follia, certo. Morte, sempre. Contemplazione lucida della civiltà europea. C'è un che di compiaciuto, in noi, quando lo facciamo. Ma: non ci piace dire che ci piace.
Siamo come un cadavere che non si decompone ma infetta. Che ci trasforma in portatori inconsapevoli della discesa — di metalli, di strade. Condensazione di forme telluriche e cosmiche lasciata marcire, a diffondere semi malati nelle correnti. Il vento grida e si infrange sulle mura della città come un cervo volante. La città: al massimo della sua tensione e del suo parossismo. Considerata come evento fondativo, incarna e irradia la morte come principio regolatore 3. È entità strutturale della civiltà moderna.
Qui la memoria affoga nella notte. La voce è un gorgo di entropia semiotica. Le urla proseguono sempre fin quasi all'alba. Si concentrano nella densità spettrale4, posizioni rituali che aprono la strada ad una morfologia del morire. Denti allungati di pochi centimetri. Carne svenuta. Anomalie con un odore preciso. Dissonanza, disturbo, vomitare. La finalità del fenomeno: consumare la propria volontà di catastrofe. L’orrore dissezionato ci mostra l’originario principio di lacerazione. Coefficienti entropici che generano allucinazione e cicliche sparizioni. Non ci piace dirlo, ma ci piace eccome.
La manifestazione comincia a sparare.
Teorema di Manifestazione Urbana5
Sia C(t) la configurazione spazio-temporale urbana in fase terminale,
D la densità spettrale,
δΣ la somma dei residui rituali non metabolizzati,
M la volontà catastrofica,
Θ il coefficiente di trasfigurazione sociale.
Allora:
limₜ→∞ C(t) = D + δΣ + M ∴ Θ
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Come in epoche precedenti. ↩
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Propriamente analoga a quella descritta da HPL. ↩
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Un comportarsi da sistema lento nella sua disintegrazione. ↩
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Dove suoni e movimenti non hanno traiettorie proprie. ↩
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Quando la città raggiunge il suo stadio terminale, la sua configurazione spazio-temporale tende a coincidere con la somma della densità spettrale, dei residui rituali non metabolizzati e della volontà catastrofica. Il risultato è una trasfigurazione sociale. ↩